Sulla natura del Martinismo

Circola con insistenza in questi giorni la tesi che il Martinismo debba qualificarsi come Ordine Iniziatico Cristiano. Il tema è molto semplice e ha il dono di risolversi come non escludente in quanto, come abbiamo dimostrato con un precedente articolo che riporta le posizioni dei Maestri Passati, definire il Martinismo come Ordine Iniziatico Cristiano è possibile sulla scorta di quanto sostenuto da Gérard Encausse nell’ultima fase e da suo figlio Philippe, con una punta brillante data da Robert Amadou, di cui sono molto apprezzate alcune interpretazioni esegetiche.
Tuttavia, ciò non deve trarre in inganno: la definizione del Martinismo come Ordine Iniziatico Cristiano è corretta soltanto a condizione di considerarla non esclusiva, e cioè come carattere di un determinato Ordine, e non condizione necessaria. Possono ben esistere altri Ordini Martinisti che non condividono la connotazione cristiana e, coerentemente al repertorio di strumenti ereditati dai Maestri Passati, si manifestano con piena indipendenza non solo dal cristianesimo ma da tutte le religioni rivelate.

chariot 2Tra l’altro, con il precedente articolo “Sulle “Osservazioni” del S::G::M:: Aton e, in particolare, se il Martinismo possa o meno considerarsi un Ordine Cristiano ovvero se gli Ordini Iniziatici debbano considerarsi “via interiore”, interrelata ma diversa e distinta dalle religioni rivelate”, abbiamo dimostrato che i termini della questione sono già noti, riferendo come fu posta e risolta nel 1968 quando Tripet (S::G::M:: del Martinismo Svizzero) – cui si unirono tutti i principali esponenti del Martinismo dell’epoca – rifiutò di aderire alla circolare di Philippe Encausse che tanto prescriveva, ritenendola un insopportabile riduzionismo.

Contro l’interpretazione dei due Papus abbiamo richiamato la diversa interpretazione di Aldebaran, di Flamelicus, persino dei papussiani Nebo e Blitz: ciò conduce a riconoscere fondata la scelta interpretativa del Martinismo come Ordine Iniziatico Cristiano; ma questo fondamento non è esclusivo e si manifesta minoritario ed esteriore.

Il carattere minoritario è comunque degno di tutto il rispetto dovuto nel senso che, come già detto sopra, chi volesse aderire a questa interpretazione cristiana può legittimamente ben farlo: ma sarebbe un’indebita e forzata posizione quella di ritenere di doverla imporre all’intero Martinismo. Il Martinista, dicono tutte le fonti, sa che l’unica religione è quella della coscienza e della verità e per questo è detto costantemente Filosofo dell’Unità.
Confermando, per la terza volta, che è pur legittimo utilizzare l’interpretazione cristiana per un Ordine che ciò sceglie, non meno è insensato e inopportuno, nonché storicamente e dottrinalmente infondato, pretendere che tutti gli Ordini Martinisti debbano conformarsi a tale assunto.  L’ancien régime è finito, risibile il dogma dei chierichetti.
Il Martinismo è un Ordine Illuminista: questo è il punto essenziale.
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Chi si separa dal Martinismo è chi, con scelte riduzionistiche, pretende di sostituire la parte al tutto, la dimensione parziale dell’interpretazione cristiana alla ricchezza ermeneutica consolidata dai Maestri Passati.
Se di scissione si dovrà parlare, sia chiaro che non si tratta di due gruppi che si dividono, ma soltanto di una parte che decide di andarsene e, con l’intransigenza di chi vuole imporre una definizione, di fatto si autoesclude e si trincea nella sua nicchia.
Di questa autoesclusione, autocratica e secessionista, non possiamo non rilevare l’inconsistenza rispetto alla natura cosmopolita del Martinismo e una certa qual ossessione pretesca, che la autoconfina in una parrocchia di periferia.
Tutto ciò non è grave in sé, perché non si perde nulla dal venir meno di un’alleanza sleale che nasconde una clausola occulta: l’imposizione dell’etichetta cristiana.  Nessun rammarico da parte di chi non ha interesse per un percorso esoterico che si risolve in uno sbiadito “esoterismo cristiano”. Nessun rammarico per chi si sente del tutto alieno e inconciliabile con l’interpretazione cristiana, verso la quale si manifesta se mai rispetto, sempre dovuto, e un moderato interesse storico (a proposito: di quale cristianesimo si parlerebbe? cattolico? ortodosso alla Amadou? protestante alla Martinez? rosacrociano alla Bohme?)
Il rammarico e la gravità dei fatti sta nel dover registrare come una volontà parziale, inconciliabile al vero spirito Martinista, voglia imporre la parte per il tutto, insensibile per opportunismo al ruolo di Filosofo dell’Unità che la Luce Martinista richiede.
Non va dimenticato che il simbolismo fondamentale del Martinismo allude a strumenti di dissimulazione per proteggere, rosicrucianamente, la Verità interna dalla volgarità e dalla violenza del mondo esterno. In questo senso è lecito ritenere il cristianesimo un manto esteriore, un involucro necessario in una certa fase storica, peraltro desueta, barocca e non più attuale. Né vale l’arbitraria distinzione tra forma religiosa e forma spirituale, perché sarebbe praticare un linguaggio che celebra l’egemonia cattolica, che qui non è condivisa e, pertanto, si presenta come minaccia e come veleno rispetto allo scopo più alto, che è quello di fare del Martinismo un sacerdozio di tutti i culti, intesi maieuticamente come forme provvisorie e parziali di una più alta verità, inaccessibile agli uomini e sfiorata dai veri Iniziati.
In conclusione, è utile ripeterlo allineandoci ai più autorevoli Maestri Passati, il Martinismo è Filosofia Unitaria, capace di accogliere in sé i diversi orientamenti – tra i quali, evidentemente, anche quello cristiano – ereditati per Tradizione, sempre con spirito di accoglienza della diversità nell’Unità, alla quale soltanto ci atteniamo.
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