Medito su questo brano da “L’Uomo di Desiderio” [143]:
Le tempeste agitano gli alberi, ne urtano i rami gli uni contro gli altri, e con questo si scacciano gli insetti e tutti gli animali dannosi, che avrebbero punto i germogli e avrebbero loro impedito di fruttificare.
E questa lettura mi rasserena, se il mio cuore sente dissonanze: perché ogni stridore può essere attutito, ma è più difficile rendere insonori i rumori che stonano sul piano della lealtà. Giusto che si possa essere di idee diverse, ma perché insinuare manovre? Peggio: perché frugare nelle tasche altrui? Non dovevamo esser fratelli?
Il brano prosegue:
Davide, tu eri compenetrato di queste verità, quando sopportavi le maledizioni di Semei ed impedivi ad Abisai di togliergli la vita. Forse, dicevi, il Signore guarderà la mia afflizione, e mi farà del bene per queste maledizioni che ricevo oggi.
E ancora:
Vi è una coppa ancor più amara: è quella che beviamo per gli altri uomini e per l’enormità del male.
Inutile farsi illusioni sulla natura umana. E quindi, ad esser severi, è inutile farsi illusioni su sé stessi. Un passo non distante [162] reca:
Ho tagliato e fugato io stesso una porzione dell’eredità che tu mi offrivi con tanta liberalità. Pago il mio debito. Se ho fatto del male ad alcuno con le mie iniquità, fa’ tu del bene con il tuo amore. Io ho soltanto delle grazie da renderti, e dei perdoni da chiederti.